NO HARD FEELINGS

[FUTUR DREI]

di Faraz Shariat

23:45
Arena estiva
17:00
Sala Deluxe
  • Genere: Coming of Age / Drama
  • Regia: Faraz Shariat
  • Sceneggiatura: Faraz Shariat, Paulina Lorenz
  • Fotografia: Simon Vu
  • Montaggio: Friederike Hohmuth
  • Produttore: Paulina Lorenz, Faraz Shariat
  • Produzione: Jünglinge Film UG
  • Attori principali: Benjamin Radjaipour, Eidin Seyed Jalali, Banafshe Hourmazdi, MaryamZaree
  • Anno di produzione: 2019
  • Durata: 92 min
  • Versione originale: Tedesco
  • Sottotitolato in: Italiano
  • Sostenuto da: Filmförderung Hamburg Schleswig-Holstein, nordmedia, BKM, FFA
  • Festival: International Film Festival Berlin 2020
  • Age: 16+

Vendite internazionali:
Salzgeber

L'esistenza allegramente allo sbando di Parvis, giovane di origine persiana, tra agglomerati di casette a schiera, rave e incontri prende una nuova piega quando incontra una coppia, fratello e sorella, fuggiti da poco dall'Iran; sarà un'estate d'amore e di consapevolezza di quanto si possa essere estranei anche in ambito familiare.

foto della gallery © Juenglinge Film_Foto Simon Vu

La vita di Parvis, figlio di genitori emigrati un tempo in Germania dall’Iran, procede tra la stanza in soffitta nella casa a schiera dei suoi genitori, gli appuntamenti su Grindr e i rave. Sorpreso a rubare in un negozio, viene condannato a prestare servizio civile come traduttore in un centro di accoglienza per migranti, dove incontra una coppia, fratello e sorella, fuggiti dall’Iran. Mentre Amon, che ha difficoltà ad accettare la Germania, inizialmente scambia il biondo giovane per uno di “loro”, sua sorella Banafshe comprende molto più velocemente tanto la vita nel nuovo paese quanto l’altra “diversità” di Parvis; proprio come l’affinità tra i due ragazzi. Quella sarà un’estate d’amore e di notti passate a ballare, scandita dalla spensieratezza dei momenti e dalla precarietà dello status di rifugiato, dall’avvicinamento a destini diversi segnati dalla migrazione, che portano Parvis, nato in Germania, a risentire quella sua estraneità che aveva represso, avvicinandolo però anche all’orizzonte d’esperienze vissute dai suoi genitori. Oscillando tra l’estetica dei video musicali, i riferimenti alla cultura pop e una particolare sensibilità per le atmosfere e le implicazioni sociali, il regista Faraz Shariat lascia comunque sempre trasparire che il film è basato su esperienze autobiografiche.

© David Uzochukwu Faraz Shariat

Faraz Shariat

Faraz Shariat è nato a Colonia nel 1994 come figlio di due iraniani in esilio. Ha studiato arti sceniche all'Università di Hildesheim iniziando così a elaborare le sue esperienze di migrante omosessuale di seconda generazione. Le sue opere si occupano di esperienze post-migrazione e storie di famiglie di immigrati. In tal modo, cerca di opporsi e di invertire i ruoli rispetto all'immagine dei migranti fornita dai mezzi di comunicazione mainstream.

“Futur Drei” (tit. intl. “No Hard Feelings”) è stato creato da Faraz in collaborazione con Paulina Lorenz e Raquel Molt nel collettivo cinematografico Jünglinge. La pellicola narra di tre giovani cresciuti nelle culture ibride della Germania post-migrazione. Il film queer sull’adolescenza è stato presentato in anteprima alla Berlinale il 23 febbraio 2020 vincendo il Teddy Award.

RECENSIONI

"Certi giorni vorrei urlare in faccia alla gente: Io sono il futuro", dice Parvis (Benny Radjaipour). Il ventenne queer, figlio di immigrati iraniani, vive a Hildesheim. In Germania i genitori hanno cercato di costruire per loro stessi e per i propri figli una nuova vita, senza mai sentirsi veramente parte di essa. "E a volte", confida Parvis alla sorella maggiore, "mi sembra che siamo solo il ricordo del dolore di mamma e papà". È questo sentirsi sempre in-between, sempre divisi, il tema ricorrente di No Hard Feelings (in originale Futur drei), debutto alla regia di Faraz Shariat e del suo collettivo "Jünglinge Film", che riflette anche sulle esperienze personali del regista, giovane tedesco-iraniano di seconda generazione. (...)

Ma Shariat affronta in modo molto differenziato anche i conflitti all'interno della comunità, tra le persone che già da due o tre generazioni vivono in Germania, le aspettative dei loro genitori e i nuovi rifugiati approdati di recente nel paese con le loro esperienze, i loro bisogni e i loro atteggiamenti. I riferimenti autobiografici riecheggiano un po' in tutta la trama e la rappresentazione. Il regista riprende i filmini della sua famiglia, che lo ritraggono da bambino, e i personaggi del padre e della madre sono stati interpretati dagli stessi genitori. Il film trasuda vita, in ogni momento. Non c'è nulla di falso o pretenzioso nei dialoghi, proprio come mancano immagini di festini o atti sessuali portati in scena spesso con eccessiva disinvoltura. Segno che al lungometraggio hanno contribuito talenti, capaci di raccontare la realtà della propria vita, senza lasciarsi influenzare da autori televisivi o produttori cinematografici. "Il mondo è nostro!" grida Banafshe durante un'escursione nell'immensità di quella terra che presto dovrà lasciare. A sentirlo in quel momento sono solo loro tre, ma lei sa, che prima o poi, sarà quella la verità".
(Thomas Abeltshauser, epd Film, 28.8.2020)

 

"Qui c'è molto di più che nel mesto cinema multiculturale, che sviscera il triste destino dei rifugiati, e ancor più che in quelle confortanti commedie in cui la migrazione è ridotta alle solite battute stereotipate. Il cinema post-migratorio che ritroviamo in No Hard Feelings mancava da troppo tempo nel panorama cinematografico tedesco. Il collettivo fondato da Faraz Shariat si muove con dimestichezza tra le culture, destabilizzando gerarchie e strutture di potere - storie di diversità, queer e femministe scorrono attraverso l'estetica delle clip musicali con riferimenti eclettici dalla cultura pop e formano un turbinio inebriante.

Shariat concepisce No Hard Feelings come "cinema d'intrattenimento attivista" - questo perché la consapevolezza politica e l'intrattenimento non devono necessariamente escludersi a vicenda. Nella sua emancipazione, il film si oppone attivamente contro ogni forma di discriminazione in base all'origine, al genere e all'inclinazione sessuale, diventando così un atto liberatorio tanto artistico quanto di identità politica.

Ma No Hard Feelings è anche un film d'emancipazione, non solo perché pienamente consapevole delle condizioni in cui è stato prodotto, ma anche perché ha saputo plasmarle attivamente in modo tale da non riprodurre le strutture di potere tradizionali. Con altri studenti Shariat ha fondato il collettivo Jünglinge Film, proprio con l'idea di aggirare consapevolmente le strutture di potere e creare, persino durante un processo produttivo, delle strutture rispettose. Anche dietro la macchina da presa il collettivo vive il proprio messaggio di rappresentanza e diversità. Il fatto che No Hard Feelings abbia vinto il premio come miglior film esordiente dopo essere stato presentato come produzione indipendente agli First Step Awards, concorso per progetti di laurea delle scuole di cinema di lingua tedesca, è un dato altrettanto importante.

L'inebriante commistione tra elementi autobiografici ed esagerazioni proprie della cultura pop, fatte di emozioni, esperienze ed estetiche diverse, fa di No Hard Feelings un mondo interattivo tridimensionale, in cui le esperienze migratorie e altre narrazioni capaci di definire la personalità comunicano tra loro. "Da quando siamo qui, ho come la sensazione di vivere tutto due volte: come quella che avrei potuto essere, e quella, invece, che sono", afferma a un certo punto Banafshe, riassumendo perfettamente quello strappo che caratterizza un po' tutta la sua esperienza. Senza cercare di nasconderlo, la ragazza esterna consapevolmente la sua spaccatura, che solo così potrà essere portata a conoscenza di tutti e reinterpretata come una positiva diversità".
(Sofia Glasl, filmdienst.de)

 

 

"L'estetica di queste scene ricorda i video musicali, che infatti rientrano tra le produzioni realizzate dal collettivo cinematografico Jünglinge, fondato da Shariat assieme a Paulina Lorenz e Raquel Molt. I tre si sono incontrati all'Università di Hildesheim e cercano ora di tradurre teorie postcoloniali e di genere in attivismo cinematografico.

Fortunatamente, la sovrastruttura accademica rallenta solo raramente lo slancio del film, peraltro in quelle scene, in cui la società tradizionale tedesca prende in mano, con tutto il potere che le è proprio, la regia: uno degli incontri fatti durante un appuntamento a sfondo sessuale si chiede perché Parvis, nonostante le sue origini, non sia così peloso oppure un collaboratore a progetto (un cameo di Jürgen Vogel) approfitta dello status precario di Banafshes per proporle un matrimonio di convenienza. Eppure anche scene ad effetto come queste fanno in Germania parte della realtà. (...)

In concomitanza con l'uscita del film No Hard Feelings, sarà pubblicato un volume di saggi politici e note di produzione dal titolo I See You. La frase 'I See You' è pronunciata per la prima volta quando Parvis è seduto nella vasca da bagno dopo una notte di bevute e Amon, attraverso il buco della serratura, vede come il ragazzo soffia una nuvola di schiuma sulle sue mani. Anche sullo schermo bianco, a volte apparentemente impenetrabile, del cinema tedesco, No Hard Feelings apre uno spiraglio, mettendo a fuoco mondi, che altrimenti apparirebbero sempre solo molto sfuocati".
(Till Kadritzke, spiegelonline.de, 23.9.2020)

 

Frederik Lang (16.11.2020)