Dapprima c’è un ratto morto appeso al recinto del giardino. Poi la riunione si svolge in un’altra stanza, ma nessuno si è premurato di informare Xhafer, l’ingegnere di successo di origini kosovare, che vive con moglie e figli in una villetta a schiera. Sembra perfettamente integrato in Germania, perlomeno lui la vede così – ma ne sono convinti anche gli altri? Con il passare del tempo, Xhafer ha la sensazione di venire deliberatamente molestato e ostracizzato, sembra sempre più teso, come se potesse perdere il controllo da un momento all’altro.
Ma Xhafer è davvero vittima di mobbing o è solo una persona ipersensibile? I colleghi lo trattano con disprezzo solo perché è uno “straniero”, o lo trovano semplicemente antipatico, come gli ha rinfacciato una volta sua moglie; perché anche la sua relazione privata funziona tutt’altro che bene. All’interno di un’ambientazione spesso impersonale e quasi tetra di un’esistenza di successo della classe media tedesca, il regista Visar Morina racconta un appassionante dramma psicologico che affronta tematiche quali l’integrazione, l’appartenenza e l’estraneazione, ma anche di come un’identità – per quanto strutturata – possa sfociare nella paranoia.
Visar Morina
Visar Morina, nato a Pristina in Kosovo nel 1979, è arrivato in Germania nel 1994. Tra il 2000 e il 2004 ha lavorato a vari progetti cinematografici e teatrali, anche come assistente alla regia al Volksbühne di Berlino. Ha poi studiato regia e sceneggiatura presso l'Accademia d'arte per i media a Colonia. Il suo film di diploma Der Schübling è stato presentato in anteprima al Max Ophüls Festival ed è stato trasmesso anche su ARTE. Dopo aver completato gli studi nel 2009, ha realizzato il suo ultimo cortometraggio Von Hunden und Tapeten, che ha partecipato al concorso internazionale di Locarno nel 2013 ed è stato nominato, tra le altre cose, per il German Short Film Award 2014. Nel 2014 ha il debutto il suo primo lungometraggio Babai, di cui è regista e sceneggiatore. Nella storia padre-figlia racconta della bambina di 10 anni Nori e del padre single Gesim, che vivono in una regione rurale del Kosovo. Babai è stato l'ingresso all'Oscar del Kosovo nel 2016 ed è uscito nei cinema tedeschi a marzo 2016. Il secondo lungometraggio di Morina Exil è stato presentato in anteprima al Sundance Film Festival nel gennaio 2020 ed è presentato nella sezione Panorama della Berlinale nel febbraio 2020. La sceneggiatura di Exil ha ricevuto il Premio tedesco per la migliore sceneggiatura nel 2018. Nell'ottobre 2020, è stato annunciato che Exil sarà il film che rappresenta il Kosovo era stato agli Oscar il 2021 nella categoria Miglior film internazionale. Morina è stato nominato dalla rivista americana film Variety insieme alle registe Nora Fingscheidt (Systemsprenger), Leonie Krippendorff (Kokon) e Sudabeh Mortezai (Joy) nella sezione tra i “10 Europei da tenere d'occhio 2020”.
RECENSIONI
"La domanda che Exile si pone molto pacatamente è: ma Xhafer viene mobbizzato dai suoi colleghi? Dall'azienda? Viene escluso perché originario del Kosovo, come sottolinea l'attore Mišel Matičević rollando la "R" in modo deciso, senza mai esagerare, quale piccolo segno distintivo? Da fuori, la vita di Xhafer è altrettanto noiosa e borghese quanto la casa in cui vive con sua moglie Nora (Sandra Hüller), in affanno con il suo dottorato dopo la nascita del terzo figlio.
Exile stravolge questa apparente sicurezza in due modi. Innanzitutto attraverso immagini simboliche, ad esempio quando Xhafer, accompagnato dagli accordi dissonanti della colonna sonora del film, firmata da Benedikt Schiefer, che preannunciano una sventura, trova un ratto morto appeso al cancello del giardino. Più tardi brucerà anche il passeggino come il biblico rovo di spine davanti alla porta di casa e altri ratti morti saranno ritrovati nella proprietà.
D'altra parte c'è la rabbia, per la sala riunioni sbagliata, il ritardo nell'ottenere i risultati dei test di cui Xhafer ha bisogno per una valutazione, la difficoltà a ottenere un appuntamento con il suo capo. A prima vista, i simboli e la rabbia sembrano provocare insieme quell'opprimente sensazione di estraneità che convince lo spettatore a seguire Xhafer per tutto il film.”
(Matthias Dell, Zeit Online, 20.8.2020)
"Oltre a domandarsi, se qui il protagonista si senta solo o sia veramente una vittima, il film verte soprattutto sulla comunicazione - qui inesistente - nessuno sembra veramente essere in contatto con qualcuno. Questo è triste da vedere, perché ha molto a che fare con la nostra situazione sociale in Germania. Visar Morina ha scritto la sceneggiatura nel 2016, dopo la prima ondata di rifugiati. Riflette le osservazioni e, naturalmente, anche le sue esperienze autobiografiche. Senza nascondere neanche il suo punto di vista molto critico nei confronti della consapevolezza che la Germania ha di sé.”
(Christine Deggau, rbb Kultur, 18.8.2020)
Paul Katzenberger intervista Visar Morina, Süddeutsche Zeitung, 22.8.2020
SZ: Xhafer è fermamente convinto che il suo problema sia l'ostilità razzista, ma il suo film ammette anche che possa essere vittima di mobbing, come potrebbe essere chiunque altro, o che sia davvero frutto della sua immaginazione. Ma il suo film non affronta affatto la xenofobia?
Morina: Chiaramente parla di questo. Ma la cosa perfida del razzismo occulto è proprio che non è mai univoco. In un tribunale non si avrebbe nessuna possibilità. E la possibilità di sovrainterpretare gli eventi può essere usata anche come arma contro la persona interessata.
SZ: Secondo lei è un problema tedesco?
Morina: Ma durante il lavoro non penso mai in categorie così grandi. Sarebbe paralizzante. Sono partito da un soggetto all'interno di un gruppo. Un gruppo, che sostiene di essere sulla strada giusta e non considera affatto la possibilità di mettersi in discussione. Chi si aggiunge, deve adeguarsi e adottare quella stessa via. È un modo di pensare, questo, che a mio avviso prevale generalmente nelle società benestanti dell'Occidente.
Frederik Lang