Tutto un secolo si riflette in questa epopea familiare, marcata soprattutto da donne forti: Poco dopo la fine della prima guerra mondiale, la bisnonna della regista si trasferisce sul lago bavarese di Walchensee e apre nel meraviglioso paesaggio alpino un ristorante per gli escursionisti; persino stando dietro ai fornelli, la sua è una presenza mondana e imponente, come rivelano vecchie fotografie. Sua figlia Norma continua a gestire l’attività fino alla vecchiaia, sempre con rigore e senso del dovere, tanto da spingere le sue figlie, Frauke ed Anna, ad avventurarsi nel mondo per ritrovare sé stesse: Anna approderà nella comunità di Rainer Langhans, mentre Frauke sceglierà di togliersi la vita. Le conversazioni aperte e a volte dolorose che la regista Janna Ji Wonders ha avuto con sua madre Anna compongono la struttura del film e vengono integrate da riprese che immortalano l’affettuoso rapporto tra una nipote e la sua anziana nonna Norma. Il film è una ricerca sui concetti vita, origine, casa e destino. Fortunatamente, in questa famiglia, sono sempre state fatte numerose riprese e fotografie, che donano particolare ricchezza visiva a questa saga familiare tutta al femminile, che nella cornice quasi magica del lago di Walchensee, trova un punto di ancoraggio, oggi gestito da amici della regista.
Janna Ji Wonders
Janna Ji Wonders regista e cantante è nata a Mill Valley, in California, ed è cresciuta a Walchensee, in Baviera. Ha studiato all'HFF di Monaco e ha realizzato numerosi video musicali. I suoi documentari, Bling Bling sulla scena gangster rap a Los Angeles e Children of the Sleeping Districts sui giovani punk nei sobborghi di Mosca, hanno vinto numerosi premi. Il suo lungometraggio I Remember è stato proiettato nel 2015 nel Perspektive Deutsches Kino. Il concept per Walchensee Forever è stato insignito del "Premio di sponsorizzazione Made in Germany - Perspektive" della Berlinale nel 2016 e il film una volta finito ha ricevuto il Premio del Bayerischen Filmrpeis nel gennaio 2020 e il Premio Komapss-Perspektive alla Berlinale 2020.
RECENSIONI
"Nella prima, incantevole scena, Janna si presenta come la 'Fata del Walchensee'. Ha cinque anni, porta una corona di fiori tra i capelli e con i suoi racconti sa ammaliare proprio come una fata. Una figlia dei fiori, la cui bisnonna fondò nel 1920 un ristorante per escursionisti sul lago di Walchensee, tuttora attivo: 'casa d'elezione' per tutta la famiglia, che il film presenta in linea matriarcale, un'oasi di pace, dove potersi rifugiare, gestita dalle donne direttamente dalla cucina.
Il lago profondo, il magnifico panorama alpino, un luogo idilliaco e magico che conferisce a tutte le donne un'aura da fate del lago e misteriose ondine. Non importa quanto diversi possano essere i loro progetti di vita - da Norma, ben radicata in quel contesto, consapevole dei propri doveri, ad Anna, una giramondo che si imbarca nella ricerca spirituale del senso: tutte le donne hanno dovuto, e devono ancora, affermare i propri percorsi di fronte al trionfalismo degli uomini e alle strutture patriarcali. (...)
Sin dalla prima scena con la piccola Jana, di soli cinque anni, ci si interroga sulla fine fatta dalla "zia Frauke", recentemente scomparsa. Le domande attorno al destino di Frauke sono state, per la regista, lo stimolo decisivo per realizzare questo film. Malgrado tutte le ombre, che il fallimento può gettare sui destini e sui percorsi di vita, lo sfaccettato e poliedrico tessuto narrativo lascia comunque il dovuto spazio a passaggi luminosi della vita, alla felicità per le imprese avventurose - e alla possibilità di tornare a casa, in un luogo magico come il Walchensee".
(Rainer Gansera, filmdienst.de)
"'Il lago di Walchensee si trova a 800 metri sul livello del mare', avverte Wonders facendo riferimento all'intensità dei raggi solari. È una calda giornata di luglio. La Wonders è seduta sulla panchina accanto al Café Bucherer, dove è ritratta anche nella locandina del film, con sua madre e sua nonna. Il ristorante è stato fondato dalla sua bisnonna Apa. ‘Per me, è come se avessi iniziato il film quando ero bambina’, spiega la Wonders. ‘Solo che all'epoca non avevo idea che stessi facendo un film’. Per realizzarlo, la Wonders ha raccolto lettere, filmati e fotografie dall'archivio di famiglia. 'Tutto materiale dal 1918 a oggi,' dice, 'Super 8, pellicole 16 millimetri ...'. Ha scelto di lasciare tutto in originale, senza ritocchi. E poi ha sapientemente intrecciato vecchi materiali con nuove riprese - quelle dell'intervista a sua madre - rendendo organici anche i salti temporali.
'È stato un superamento', afferma la Wonders parlando della sua decisione di fare il film. Avrebbe cambiato il suo rapporto con la madre? Alla fine, anche lei ha dovuto impegnarsi per lasciarsi coinvolgere. 'Ho iniziato girando con un operatore e un tecnico del suono, ma mi sono resa conto che non poteva funzionare'. Doveva ricondurre il tutto a un gioco, proprio come allora, quando lei e sua madre si filmavano. Doveva esserci di nuovo intimità.
Anna Werner, la madre, si è aperta con impressionante onestà e potenza, mettendosi a nudo - e lo spettatore diventa parte di un'intimità che probabilmente esiste solo tra madre a figlia. Vediamo la Werner nell'atto di partorire sua figlia Jana, mentre litiga con sua madre, come una ragazza hippie che balla a San Francisco. Anna Werner racconta la storia dei suoi genitori, iniziata come una favola, in cui un bell'artista durante uno dei suoi viaggi, si innamora di una ragazza di Walchensee. La relazione, tuttavia, si interrompe quando lui ritorna dalla guerra. 'Portò la guerra in casa’, ricorda la Werner nel film - leggendo la lettera d'addio scritta dal padre alla madre: ‘In tutta la tua vita non hai mai saputo scegliere tra tua madre e tuo marito’. (...)
'La vita com'era, sì, nel film si riduce a pochi minuti.' Sorridendo, lei [Janna Ji Wonders] guarda l'acqua. 'Ma in fondo questa è l'essenza'. Il suo sguardo si peder tra le montagne sull'altra riva. Come sua madre, anche lei è tornata a Walchensee. Sua nonna, come padrona di casa del Café Bucherer, non lo ha mai lasciato. È rimasta sempre con i piedi ben ancorati al terreno. E ha vissuto seguendo il ritmo e gli elementi della natura'. La Wonders parla con calma, in modo ritmato, quasi seguisse l'andamento delle onde. Il Walchensee è un luogo talmente magico per noi donne, un vero rifugio.’
In questo film gli uomini ricoprono un ruolo piuttosto "marginale", spiega la Wonders. Suo padre vive in un allevamento di cavalli in California, i suoi nonni si sono separati prima che lei nascesse. Lei stessa è madre single. Per un attimo la Wonders sembra stupirsi: ‘È come se ci fosse un qualcosa che si tramanda da generazioni’, dice, ‘compreso il fatto che io abbia una figlia femmina’.
Nel film, il cerchio si chiude. Anna Werner si prende amorevolmente cura di sua madre fino alla sua morte, all'età di 104 anni. ‘Ora è pronta per il grande viaggio’ afferma la Werner nel film. Il viaggio di cui parla lei stessa da bambina. ‘Il lago di Walchensee è come un cronista immortale, il Walchensee è sempre lì’, dice la regista sedendosi sulla riva. Ma poi scappa a prendere la figlia che esce dall'asilo. Il film è dedicato a lei".
(Marie Heßlinger, Süddeutsche Zeitung, 10.7.2020)